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Festival di Cannes: Perché gli Applausi Sono Così Lunghi? La Tradizione che Affascina il Mondo del Cinema

Festival di Cannes: Perché gli Applausi Sono Così Lunghi? La Tradizione che Affascina il Mondo del Cinema

Nel mondo del cinema, ci sono gesti che diventano simboli. E uno dei più iconici è senza dubbio l’applauso. Ma al Festival di Cannes, l’applauso è qualcosa di più: è una celebrazione collettiva, un’espressione rituale di ammirazione, e talvolta, un evento mediatico a sé stante. Chiunque abbia seguito anche solo distrattamente una delle edizioni di Cannes negli ultimi anni avrà notato un dettaglio diventato ormai proverbiale: gli applausi sono interminabili.

Parliamo di minuti su minuti di ovazioni in piedi, in lacrime, con il cast in sala visibilmente commosso e le telecamere puntate su ogni singolo volto illuminato dai riflettori. Ma da dove viene questa abitudine? E, soprattutto, perché a Cannes gli applausi sembrano diventare una gara non dichiarata a chi resiste di più?

Dietro questo fenomeno ci sono motivi culturali, emotivi e strategici. Gli applausi a Cannes non sono semplicemente una reazione spontanea del pubblico; sono parte integrante dello spettacolo, un rito collettivo che racconta molto del nostro rapporto con l’arte e la celebrità. Entriamo dentro questa curiosa tradizione per scoprire come è nata, cosa significa e perché continua ad affascinare e dividere.

Le origini storiche degli applausi a Cannes

Il Festival di Cannes nasce nel 1946, in un’Europa che cerca di ritrovare se stessa dopo la Seconda Guerra Mondiale. Fin dall’inizio, l’evento si configura come un palcoscenico dove cinema e glamour si fondono, e il pubblico diventa parte attiva della scena. Gli applausi, allora, erano sinceri, istintivi e commossi: il pubblico era composto da critici, professionisti e cinefili che vedevano nei film una forma di rinascita culturale.

Ma è negli anni ’90 che la dimensione dell’applauso cambia radicalmente. L’ovazione ricevuta da “Pulp Fiction” di Quentin Tarantino nel 1994 segna uno spartiacque. Il film, che vinse la Palma d’Oro, fu applaudito per oltre sei minuti, creando un precedente che molti cercarono poi di superare. Da quel momento, ogni regista sperava di ottenere non solo un premio, ma un’apoteosi pubblica fatta di battimani fragorosi e standing ovation.

Nel tempo, questa pratica è diventata parte del folklore del festival. Se prima gli applausi erano il riflesso di un coinvolgimento emotivo, ora sono diventati un parametro di giudizio, un elemento su cui i giornali e i siti di settore costruiscono titoli e classifiche. È così che Cannes ha trasformato un gesto spontaneo in una vera e propria istituzione.

Gli applausi più lunghi della storia di Cannes

Negli ultimi anni, la “gara dell’applauso” ha visto record davvero sorprendenti. Alcuni film sono stati accolti con ovazioni che sembrano sfidare la logica. Ecco alcuni dei casi più eclatanti:

  • “Pan’s Labyrinth” (2006) di Guillermo del Toro: 22 minuti di applausi ininterrotti. Un record che ancora oggi viene citato come uno dei più incredibili della storia del festival.
  • “Fahrenheit 9/11” (2004) di Michael Moore: acclamato per 20 minuti, in una sala infuocata da emozioni politiche e cinematografiche.
  • “The Paperboy” (2012) con Nicole Kidman: il film non fu amato dalla critica, ma fu applaudito per oltre 15 minuti per la performance dell’attrice.
  • “Killers of the Flower Moon” (2023) di Martin Scorsese: 9 minuti di applausi, tra lacrime e abbracci, con il pubblico in delirio per Leonardo DiCaprio e Robert De Niro.

In questi casi, l’applauso diventa un dato di cronaca. I giornalisti presenti in sala usano i cronometri, i video vengono diffusi online, i social si infiammano. Non importa tanto la qualità del film, quanto la durata dell’applauso. Un meccanismo che mette in ombra la critica per esaltare l’emozione.

L’effetto gregge e il ruolo del pubblico

Ma c’è anche un altro aspetto, più sottile e psicologico. Quello che viene chiamato effetto gregge. In un contesto come Cannes, dove ogni presenza in sala è consapevole di partecipare a un evento globale, il comportamento collettivo diventa contagioso. Una persona applaude, poi due, poi cento. Nessuno vuole essere il primo a smettere. E così si va avanti, anche per dieci o quindici minuti.

Questo fenomeno si spiega attraverso le dinamiche sociali del gruppo. In un ambiente altamente competitivo e spettacolarizzato, come una première sulla Croisette, l’applauso diventa anche un segnale di adesione, un gesto che comunica entusiasmo, ma anche appartenenza. Il pubblico si mostra, si auto-filma, reagisce. E spesso non applaude solo il film, ma l’evento in sé, l’esperienza collettiva.

Non dimentichiamo poi che molti spettatori in sala sono giornalisti, addetti ai lavori o influencer. Il loro comportamento è amplificato dal contesto: sanno che ogni gesto può essere immortalato, ripreso, condiviso. Applaudire diventa anche un modo per essere visibili, per essere parte della narrazione mediatica del festival.

Eccitazione, emozione e momenti irripetibili

Gli applausi al Festival di Cannes non sono solo una questione di marketing o di dinamiche sociali. In molti casi, sono anche il risultato di un’emozione autentica, profonda, viscerale. Quando un film riesce a toccare corde intime, a suscitare lacrime, risate, silenzi densi, il pubblico risponde con un applauso che vuole prolungare quel momento magico. Perché a Cannes, tutto è più intenso: le luci, le attese, la tensione in sala, il prestigio.

Immaginate di trovarvi nella Grand Théâtre Lumière, circondati da migliaia di persone, mentre le luci si riaccendono dopo una pellicola potente. Il cuore batte ancora forte, la pelle d’oca non è svanita. L’unico gesto possibile è quello di battere le mani, come a dire: “Sì, l’ho sentito anche io”. È questo che rende l’applauso a Cannes diverso da qualsiasi altro. È un linguaggio silenzioso ma eloquente, che unisce sconosciuti in una comunità emotiva temporanea.

Ci sono casi in cui l’applauso diventa anche un gesto di riconoscimento per storie personali. Quando un regista rientra dopo una lunga assenza, quando un attore torna in scena dopo una malattia, o quando si affrontano tematiche sociali importanti, il pubblico sente il bisogno di esprimere la propria partecipazione emotiva. In quei momenti, l’applauso smette di essere forma e diventa sostanza.

Il valore commerciale degli applausi

Oltre al coinvolgimento emotivo, gli applausi a Cannes hanno un peso economico e promozionale non trascurabile. Una lunga standing ovation può cambiare il destino commerciale di un film. Le case di produzione sanno bene che, pochi minuti dopo la fine della proiezione, i media pubblicheranno titoli come: “Dieci minuti di applausi per il film di…”. E questa notizia ha un impatto enorme.

Le ovazioni diventano strumenti di marketing. I distributori internazionali prendono nota, i festival minori si interessano, le piattaforme streaming fiutano l’opportunità. Cannes è una vetrina, e ogni secondo di applausi vale pubblicità gratuita, clic, engagement. Si crea un effetto domino: più se ne parla, più il film guadagna attenzione, più diventa desiderabile.

Alcuni film, per quanto divisivi, riescono a uscire da Cannes con una reputazione solida proprio grazie agli applausi ricevuti. Non è un caso che molti trailer post-festival contengano la scritta “Acclamato a Cannes” seguita dalla durata dell’ovazione. È una garanzia di qualità percepita, una medaglia da esibire al pubblico globale.

Strategie di registi e produttori

Consapevoli dell’importanza dell’ovazione, anche registi e produttori hanno imparato a studiare il timing emotivo dei loro film. Alcuni scelgono deliberatamente di chiudere con una scena di forte impatto emotivo, sapendo che quel momento sarà immediatamente seguito da un silenzio carico di tensione… e poi dall’applauso liberatorio.

Ci sono aneddoti su montaggi finali ritoccati appositamente per “massimizzare” la reazione del pubblico di Cannes. Alcuni registi scelgono di rallentare il ritmo del finale, altri di chiudere con un’immagine iconica o un crescendo musicale. Tutto per favorire quella sospensione che porta al primo, inevitabile battito di mani.

E non solo il film: anche il cast e il regista in sala giocano un ruolo fondamentale. La loro presenza, le lacrime, gli sguardi emozionati, amplificano la risposta del pubblico. A Cannes, tutto è performance, anche l’applauso. Un gioco di sguardi tra chi è sul palco e chi è in platea, dove l’umanità si esprime in forma teatrale.

Le reazioni degli attori e dei registi

Una delle immagini più potenti del Festival di Cannes è quella del regista o dell’attore che, di fronte a un applauso interminabile, si commuove. Spesso li vediamo asciugarsi le lacrime, stringere le mani al cast, guardare il pubblico come se non potessero credere a ciò che stanno vivendo.

Queste reazioni sono autentiche o calibrate? Forse entrambe. Ma quello che conta è che contribuiscono a rendere Cannes un momento irripetibile nella carriera di un artista. Anche per le grandi star internazionali, ricevere dieci minuti di applausi alla Croisette ha un significato speciale. È come se in quel momento venisse sancito un riconoscimento collettivo e globale.

E per i giovani registi, magari alla loro prima esperienza internazionale, l’applauso di Cannes può essere un battesimo di fuoco. Alcuni raccontano di come quel momento abbia cambiato la loro vita, aperto porte, creato legami. È il potere dell’arte quando incontra la celebrazione.

I dietro le quinte delle proiezioni

Ma cosa succede prima e dopo quelle ovazioni? I dietro le quinte delle proiezioni a Cannes sono un mondo a parte. Le sale vengono preparate con cura maniacale, gli ingressi sono scaglionati, gli invitati seguono rigide etichette. Ogni movimento è coreografato: dall’ingresso del cast, al posizionamento delle telecamere, fino all’accensione delle luci in sala.

Anche la scelta dei posti è strategica. I membri della giuria, i critici più influenti, i dirigenti delle case di produzione: tutti hanno un ruolo preciso nella sala. E quando parte l’applauso, tutti sanno dove guardare, come comportarsi. È uno spettacolo nello spettacolo, in cui nulla è lasciato al caso.

Anche la durata degli applausi viene cronometrata con attenzione da chi è incaricato di monitorare la reazione del pubblico. Esistono addetti stampa che, subito dopo la proiezione, inviano comunicati ufficiali con frasi come “Accolto con 12 minuti di applausi”. Non è solo entusiasmo: è una precisa strategia di comunicazione.

Festival di Cannes: Perché gli Applausi Sono Così Lunghi? La Tradizione che Affascina il Mondo del Cinema

Cannes e gli applausi rispetto ad altri festival

Il Festival di Cannes non è l’unico grande evento cinematografico del mondo, ma è certamente quello con la tradizione più teatrale e mediatizzata degli applausi. Se confrontiamo Cannes con altri festival come la Mostra del Cinema di Venezia, il Festival di Berlino o il Sundance, emerge subito una differenza sostanziale nel comportamento del pubblico.

A Venezia, per esempio, gli applausi sono più moderati, più “contenuti”, anche se non mancano le standing ovation, specie in occasione di film molto attesi o di star internazionali. Tuttavia, il record di durata non è un argomento così centrale nella narrazione giornalistica del festival lagunare. Berlino, dal canto suo, si distingue per una certa sobrietà tedesca: il pubblico è attento, rispettoso, ma meno incline alle dimostrazioni plateali.

Cannes, invece, ha costruito negli anni una vera e propria liturgia attorno all’applauso. Qui il battito delle mani non è solo una reazione, ma un atto pubblico, performativo, parte integrante del rituale cinematografico. È come se il pubblico stesso diventasse protagonista. E questo lo rende unico nel panorama mondiale.

Va detto, però, che questo approccio ha anche i suoi detrattori. Alcuni critici vedono nell’enfasi eccessiva degli applausi una spettacolarizzazione eccessiva, una forma di celebrazione che talvolta rischia di offuscare il vero valore artistico dei film. Ma è proprio in questo dualismo che si trova il fascino irresistibile del Festival di Cannes: tra emozione autentica e teatralità programmata.

Critiche e ironie sulla “gara agli applausi”

Non tutti guardano con entusiasmo al fenomeno degli applausi interminabili. Negli ultimi anni, diverse voci critiche si sono sollevate per denunciare la trasformazione dell’applauso in uno strumento più di promozione che di apprezzamento. Alcuni giornalisti e commentatori definiscono Cannes una “competizione degli applausi”, dove il valore di un film viene misurato più con il cronometro che con l’analisi critica.

Ci sono persino meme e battute ricorrenti che ironizzano sulla durata delle standing ovation. Ogni anno, i social network si riempiono di gif e tweet del tipo: “10 minuti di applausi? E per cosa?” oppure “Se non battono almeno 7 minuti di mani, è un flop!”. Queste reazioni mostrano come il fenomeno sia diventato talmente noto da sfociare nella caricatura.

Un altro aspetto criticato è l’autenticità. Quanto è reale un applauso se viene prolungato per convenzione sociale o per il desiderio di non sfigurare davanti alle telecamere? Alcuni professionisti del settore raccontano di applausi partiti a fatica, ma poi portati avanti per inerzia, quasi per dovere. In questo senso, Cannes diventa anche una palestra di resistenza: chi applaude più a lungo, resiste di più, si mostra più partecipe.

Infine, va ricordato che non tutti i film ricevono ovazioni. Alcuni vengono accolti da silenzi imbarazzanti, altri persino da fischi (molto rari, ma non inesistenti). In quei casi, l’assenza di applausi diventa essa stessa notizia. Anche il silenzio, a Cannes, fa rumore.

L’impatto mediatico e social degli applausi

Negli ultimi anni, con l’esplosione dei social media, la narrazione sugli applausi a Cannes ha assunto una nuova dimensione. Non si tratta più solo di una cronaca riservata agli addetti ai lavori o ai lettori delle pagine di cultura: ogni ovazione viene filmata, condivisa, commentata in tempo reale su TikTok, Instagram, Twitter e YouTube.

I video con le reazioni del cast, i volti commossi, gli applausi infiniti diventano virali nel giro di pochi minuti. Le piattaforme digitali alimentano il mito, amplificano l’evento, lo trasformano in contenuto per milioni di utenti che non sono fisicamente presenti ma vogliono comunque “vivere” il festival.

Anche i media tradizionali partecipano attivamente a questo rito. I siti di informazione pubblicano articoli intitolati: “Il film X accolto con 13 minuti di applausi”, e questi numeri vengono poi ripresi dalle agenzie stampa, dalle televisioni e dagli influencer. L’applauso diventa dato oggettivo, quasi scientifico, usato come indicatore del successo.

Ma l’effetto social ha anche un’altra conseguenza: crea aspettative. Quando un film viene annunciato in concorso a Cannes, parte subito il “toto-applauso”. Quanti minuti riceverà? Supererà il record dell’anno scorso? Questo gioco di numeri contribuisce a costruire un clima quasi sportivo attorno al festival, dove ogni film entra in una classifica implicita.

Una tradizione che evolve con il tempo

Nonostante le critiche, le ironie e i cambiamenti nei media, la tradizione degli applausi a Cannes continua ad affascinare. Forse proprio perché è così anacronistica, teatrale, emozionale. In un’epoca in cui tutto è digitale e veloce, battersi le mani per 15 minuti sembra un gesto rivoluzionario. È il tempo dedicato a qualcosa che ha colpito davvero. È l’attenzione che si fa corpo, rumore, presenza.

Nel tempo, questa pratica si è adattata ai cambiamenti culturali. I nuovi registi, le giovani generazioni di attori, il pubblico più consapevole sanno che l’applauso è anche comunicazione, e lo usano per lanciare messaggi. Standing ovation per film LGBTQ+, per registe donne, per storie di resistenza o denuncia sociale: tutto questo dà all’applauso un nuovo significato, più politico e simbolico.

Cannes è uno specchio. E gli applausi che lo animano raccontano di noi, delle nostre emozioni, delle nostre aspettative e anche delle nostre contraddizioni. Possono essere sinceri, teatrali, calcolati, brevi o infiniti. Ma sono comunque parte del rito collettivo che rende il cinema qualcosa di più di uno schermo: un’esperienza condivisa, un linguaggio universale.

Applausi sinceri o marketing?

Alla fine di tutto, resta una domanda: gli applausi a Cannes sono sinceri o sono solo marketing? La risposta, come spesso accade nelle grandi manifestazioni artistiche, non è univoca. In quei minuti infiniti di battimani si mescolano emozione autentica, desiderio di partecipazione, e inevitabili strategie di visibilità.

Certo, non possiamo ignorare che l’applauso a Cannes è diventato un evento mediatico a sé stante. Ma questo non significa che sia privo di valore. Anzi, spesso rappresenta un momento catartico per chi è in sala, un gesto collettivo che sancisce l’impatto che un’opera ha avuto sul pubblico. È un modo per dire: “Questo film ci ha toccato, ci ha colpiti, ci ha fatto sentire qualcosa.”

E forse è proprio questo il cuore della questione. Cannes non è solo un festival, è un palco emozionale dove il cinema incontra il suo pubblico più esigente e più coinvolto. Gli applausi sono la prova che, nonostante tutto, il cinema riesce ancora a commuoverci, a sorprenderci, a renderci parte di qualcosa di più grande.

Che siano di due minuti o venti, sinceri o teatrali, ogni applauso alla Croisette racconta una storia. E in un mondo dove le storie sono tutto, vale la pena ascoltare anche quelle fatte solo di mani che si incontrano.

FAQ

  1. Qual è stato l’applauso più lungo della storia del Festival di Cannes?
    Il record ufficioso spetta a “Pan’s Labyrinth” di Guillermo del Toro, che nel 2006 fu accolto con 22 minuti di applausi ininterrotti.
  2. Perché il pubblico di Cannes applaude così tanto?
    Oltre alla qualità del film, entrano in gioco l’effetto gregge, la ritualità dell’evento, e anche strategie promozionali. Gli applausi a Cannes sono diventati una parte integrante dello spettacolo.
  3. Gli applausi influenzano il successo commerciale di un film?
    Sì. Le ovazioni possono attirare l’attenzione dei media, influenzare i distributori e aumentare la visibilità del film nel circuito internazionale.
  4. Ci sono anche fischi o silenzi a Cannes?
    Assolutamente sì. Sebbene rari, i fischi non sono esclusi, specialmente se un film è divisivo. E il silenzio dopo una proiezione può essere altrettanto significativo.
  5. Gli applausi sono cronometrici per davvero?
    Sì. Spesso i giornalisti o gli uffici stampa cronometrono l’applauso per comunicarlo ufficialmente, dato che la sua durata è diventata un elemento chiave nella narrazione del festival.
Renan:
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